La farfalla

La farfalla

Una poesia d'amore è il mio benvenuto

AMORE


C’è un bianco che sa di capelli
lavati con l’acqua delle rose,
un bianco che ha il passo immutabile
delle stagioni quando il tuo odore
è una ballerina che volteggia
su queste mie labbra sempre di te.

C’è un bianco che ha un saluto lontano
verso ogni faccia anche se nuova
e guardano il bianco degli alberi
dentro alla mano che seconda il bastone.

Walter Vettori

domenica 19 gennaio 2014

Presentazione poetica mostra pittorica di Antonello Serra "Segni", Mart - aprile 2011






Il mio corpo sedato
consegno al viola della dulcamara;

s'accorda l'alito
con la dolciamara terra
che in bocca rattengo:
or tutto m'assomiglia,

la pietra ed i suoi segni,
il camminamento dietro la tela,
il tango dei colori
quando di bianco si veste la sera.

Basterebbero questi miei versi, dedicati all'artista, per descrivere l'emozione che provo ogniqualvolta davanti alle tele di Antonello Serra. L'amicizia che oramai ci lega da qualche anno, si ravviva in quella sua espressività profonda, accentata dalle sue forme surreali, e che ritroviamo in questo piacevole apnoico galleggiare fra la sua arte. Onde emozionali, perché anche di questo si vive oggi come ieri, onde che fluttuano nelle mie calanche ispiratrici e che mi riportano ad un lontano 1974. Vi dirò, leggendole, poche cose, ma che ritengo significative, in modo da non rubarvi oltremodo tempo al vostro personale viaggio nell'arte di Antonello.
Eravamo rimasti al 1974, ed esattamente la sera del 7 febbraio 1974, in quell'occasione la RAI trasmise un nuovo, breve documentario della serie “Io e ...”, intitolato “Pasolini e...la forma della città”, a cura di Paolo Brunatto. Nella parte finale del documentario, dopo aver con inquietudine camminato tra le dune di Sabaudia, Pasolini si fermò e guardò tutti noi, spettatori di ieri e di oggi, consegnando alla telecamera del regista un volto sofferto e scavato ma non sparuto nella sua forza espressiva, e lì con sincerità e drammaticità disarmanti, denunciò l'appiattimento culturale, la devastazione estetica e l'imbarbarimento civile a cui ci avrebbe inevitabilmente portato la società dei consumi concepita dalla repubblica post-fascista e in generale da tutti i “regimi democratici” contemporanei.
Qualcuno di voi starà pensando, cosa ci azzecca Pasolini con questo, come dice il critico d'arte Fiorenzo Degasperi, “pellegrinaggio visivo nell'immaginario collettivo dei sardi” questo recupero che Antonello fa di pratiche, credenze, tradizioni giunte fino a noi a partire dal neolitico, ed incise nelle pietre dei nuraghi o fuse nei bronzetti,
ebbene, nel 1975, Pasolini incontrando i giovani, denunciava un fenomeno che sempre più si stava allargando, il cosiddetto edonismo consumistico, che rischiava di portare a una mutazione antropologica dei nostri giovani. I giovani che perdevano le loro radici culturali dimenticavano quei valori umani che il capitalismo e il consumismo moderni nel tempo hanno contribuito a decostruire e a negare. “Il genocidio culturale” dei nostri giovani di cui parla Pasolini è la rinuncia alla storia, alla conoscenza, alle radici, al sapere, in vista dell'avvento di un sistema solo ed esclusivamente economico. Un genocidio continua Pasolini in cui i figli dei contadini e degli operai rinnegheranno le proprie radici, se ne vergogneranno, aspirando sdegnosamente a partecipare e a far parte di un'altra cultura; quella borghese. E fu la perdita dell'identità l'assassinio della varietà culturale del nostro tessuto sociale. Ecco allora vedete, quanto sia importante oggi il lavoro artistico di Antonello e di chi come lui abbevera il presente con la fame di conoscenza delle proprie radici e così ne dà una ragione di esistenza proiettandolo verso il futuro. Il genocidio pasoliniano ha trovato oggi un altro grande alleato, la chirurgia estetica contro l’invecchiamento sta portando verso una “cancellazione” del volto adulto, e quindi della sua storia e del suo passato. E forse anche delle sue relazioni sociali.
Ora concludo questo mio intervento, abbracciando per il momento virtualmente il mio amico Antonello, ringraziandolo per avermi ospitato a questa sua nuova personale pittorica, ringraziando la signora Antonella Corrain della biblioteca di Rovereto, che tra le altre cose mi ospiterà nella giornata del 29 aprile, sempre all'interno della personale di Antonello, alle ore 18.00 per un percorso fra le pieghe del mio ultimo lavoro poetico “La pietra di San Martino” accompagnato dalle aree musicali originali di Marco Latino, in un viaggio fra la Trento del 1949.

Vi lascio ora con i versi poetici di Pasolini ed esattamente la VI stanza del “Il pianto della scavatrice” (1956) tratto da “Le ceneri di Gramsci”.

http://www.youtube.com/watch?v=ouQzxuU07v8